La storia del Bauhaus di Weimar è una storia che va ben oltre l’essere un semplice movimento artistico o una semplice scuola d’arte: è la storia di un fenomeno culturale capace di creare una comunità, la cui eco permea ancora il mondo delle arti in Germania (e non solo).

Siamo alla fine della prima guerra mondiale e l’Europa è straziata da milioni di lutti e si sente il naturale bisogno di una rinascita culturale che possa risollevare la quotidianità della gente, ma purtroppo l’arte del tempo, l’art nouveau rimane incagliata in un vuoto accademismo dal quale la gente comune non si sente coinvolta e, in questo senso, nasce il bisogno di creare un laboratorio che possa riunire questo distacco tra arte, artigianato, industria.

Nasce il Deutscher Werkbund nel 1907 per volere dell’architetto Hermann Muthesius che codificherà i canoni del razionalismo tedesco. La massima espressione del razionalismo, però, viene raggiunta con il Bauhaus (la casa del costruire), fondato a Weimar dall’architetto, designer ed urbanista Walter Gropius.

Il Bauhaus è una palestra di idee, dove gli studenti sono invitati ad interrogarsi su come le arti possano aiutare a trovare delle soluzioni per far progredire le comunità in senso economico, sociale e culturale. Nasce dall’idea che una comunità può risolvere i problemi in cui fino ad ora la società era incagliata.

La scuola del Bauhaus aveva come tema fondante l’apertura interdisciplinare ed anche il senso di comunità e Gropius pregava affinché nessuno dei suoi allievi si congelasse su una sola espressione artistica. Il direttore della scuola riuscì ad annoverare nel suo istituto personalità illustri come il pittore Itten, con il quale entrò tuttavia in contrasto per via delle sue credenze mistiche di questi che cozzavano con il suo razionalismo e fu, quindi, sostituto dal pittore ungherese László Moholy-Nagy.

Vi insegnarono, inoltre, personalità come Vassilij Kandinskij, Paul Klee, Gunta Stölzl: un’altra novità nella scuola di Gropius fu quella di aprire la scuola alle donne, cosa non proprio scontata per l’epoca. Nel 1925 la sede della scuola, da Weimar, viene trasferita a Dessau: di questo periodo ricordiamo la storica sede con pianta a L, di cui salta all’occhio il massiccio uso di vetro all’interno dell’edificio: era un simbolo di pulizia morale in contrasto con il regime.

Sempre di questo periodo, ricordiamo anche importanti lasciti nel campo del design, come la sedia Vassilij progettata da Marcel Breuer, la lampada da tavolo di Jucker e Wagenfeld. In questi anni, si rivede anche l’approccio e la ricerca in campo architettonico, anche se la scuola del Bauhaus avrà un dipartimento di architettura a partire dal 1927 e la direzione della scuola passa ad Hannes Meyer, Gropius è costretto a ritirarsi per via delle sempre più crescenti pressioni politiche.

Nel 1932 la scuola viene trasferita a Berlino, sotto la direzione di Ludwig Mies van Der Rohe si prova a fare l’ultimo tentativo e si prova a sostentare la scuola privatamente, vendendo anche parte delle opere possedute, è in questo momento che ricordiamo la produzione della sedia Barcellona di van Der Rohe, un’icona del design contemporaneo.

La scuola fu perquisita dalla Gestapo nel 1933, i valori di libertà creativa, di comunità, di indipendenza creativa diedero fastidio al Nazionalsocialsimo e, così, terminò l’esperienza del Bauhaus, la più importante scuola d’arte del ventesimo secolo. Tutti gli artisti, gli intellettuali ed i progettisti furono costretti ad emigrare negli Stati Uniti, lasciando sia alla Germania che al mondo intero, l’eredità di un nuovo modo di concepire, vivere e fare arte, le cui espressioni e le cui creazioni ad oggi sono delle preziose icone di design, arte ed architettura, perché hanno saputo interpretare le esigenze di un tempo che stava cambiando ed hanno saputo cogliere le necessità del vivere moderno.

 

Fonti: G. Cricco F. P. Di Teodoro, Itinerario nell’arte vol.3, Zanichelli, Bologna, 2014 (I edizione 2012)